Nel primo articolo abbiamo esplorato qualche trappola nascosta dietro il vivere onlife delle azioni umane quotidiane (phishing, password deboli, BYOD, etc) e accennato in breve a qualche best practice per favorire l’utente, spesso dipendente, a diventare resiliente per combattere "da umano a umano" l’hacker. Ci spostiamo adesso sul quadro normativo , evoluto in particolare dagli anni 90 che gradualmente ha imposto, in particolare alle aziende, l’utilizzo di azioni preventive, guardando alla sicurezza informatica come un’azione condivisa tra Stati a protezione universale. Il viaggio parte dalla Convenzione di Budapest del 2001, il primo accordo internazionale volto a disciplinare i reati informatici e a istituire meccanismi di cooperazione tra Stati. La Convenzione, cui hanno aderito 76 Stati , ha introdotto la definizione dei concetti fondamentali di sicurezza informatica e di traffico dei dati, promuovendo la collaborazione internazionale come principale strumento per co...
Il filosofo Luciano Floridi, racconta che il nuovo modo di vivere dell’essere umano è Onlife . “[…] Onlife è quanto accade e si fa mentre la vita scorre, restando collegati a dispositivi interattivi […]” . Il concetto di vicinanza alle altre persone non è più basato sulla presenza fisica, ma sull’interazione continua dei rapporti in presenza mentre si dialoga, connessi, con altri, attraverso i dispositivi digitali. I dispositivi connessi e in continua transizione ci proiettano sempre più alla velocità ed alla remotizzazione delle esigenze . L’uso del digitale è una alternativa quasi contrapponibile alla vita reale. Il rischio più profondo ed attuale per l’essere umano comune è quello di perdere l’attenzione alle cose, alla riflessione, alla memoria, alla sicurezza. È pertanto dominante in questo contesto il tema della cybersicurezza in cui, istituzioni e organizzazioni in primis, occorre tenere elevata l’attenzione con l’obiettivo di sfuggire agli attacchi hacker perpetrati da ess...